sabato 14 aprile 2012

IL SOLDATINO DI STAGNO - programma di sala


IL SOLDATINO DI STAGNO
Teatro Europa di Parma | 15 e 22 aprile 2012 ore 16.30


con
Umberto Fabi | narratore
Davide Rocchi | soldatino
Loredana Scianna | ballerina

Ideazione, allestimento scenico e regia Yannick De Sousa Mendes | Loredana Scianna

Drammaturgia Umberto Fabi

Coreografia Davide Rocchi

Disegni Gianluca Foglia "Fogliazza"

Regia video e Animazione Pietro Anastasi

Produzione video ladodicistudio

Costumi Anna Malandruccolo

Disegno luci e tecnica Yannick De Sousa Mendes

Selezione e montaggio musicale Davide Rocchi | Loredana Scianna

Musiche di Balanescu Quartet, Gavin Bryars, Zoe Keating, Vincent Yourmans (orchestrazione di Dmitri Shostakovich), Maurizio Soliani, Giovanni Sollima, John Zorn

Foto di scena Matteo Mezzadri - ladodicistudio
Presentazione

Quando tutto finì del soldatino di stagno trovò solo il cuoricino di stagno, della ballerina di carta il lustrino tutto bruciacchiato e annerito. Non un pezzetto qualsiasi, proprio il cuore tutto intero; di lei, solo un ornamento. Perché? I bambini troveranno la risposta: subito, tra qualche giorno, tra qualche anno. Il viaggio che i bambini compiono quando ascoltano una fiaba non si esaurisce con la fine del racconto; ciò che resta continua a germogliare nell'arco del tempo e le impressioni ricevute s'intrecciano con la materia della vita fino a ricongiungere tutti i fili.
L'universo di Andersen, si sa, non è un luogo accomodante, le sue figure sono spesso ambigue o palesemente negative, raramente ci concede un lieto fine. Nel riscrivere la fiaba per la scena ci siamo chiesti se Il soldatino di stagno è veramente una storia d'amore e in che modo d'amore si parla. Perché il soldatino con una sola gamba s'innamora della ballerina? Perché lei ha una gamba tesa così in alto da sembrarne priva. Insomma, l'innamoramento si fonda su un equivoco, lui la crede simile a sé. Ma si sbaglia. Non sappiamo nemmeno, in realtà, se lei ricambi il suo sentimento, la fiaba non lo dice. Del resto lei è di carta, una creatura bidimensionale e leggera, al contrario di lui. Il fuoco che li divorerà entrambi alla fine è una bella metafora dell'ardore amoroso che pervade l'intrepido soldato, chissà cosa significa per lei.
La nostra fiaba è narrata da un individuo indecifrabile e un po' scontroso che ricostruisce la storia a ritroso nel tempo e di cui solo alla fine intuiremo l'identità. Costui vuole sapere, vuole capire, la sua indagine è un ricerca di conoscenza che si contrappone fortemente al vero e proprio “atto di fede” che il soldatino compie: l'amore che prova lo nutre, lo fa vivere e agire, lo fa resistere. Come se l'amore, ricambiato o meno, bastasse a se stesso.
Nel creare l'allestimento abbiamo perseguito una difficile integrazione tra chi agisce in carne ed ossa sulla scena e le proiezioni video che costituiscono l'unico elemento scenografico. I disegni originali di Gianluca Foglia “Fogliazza” sono stati animati da Pietro Anastasi per ladodicistudio e non ricreano solo il contesto in cui la storia si muove, ma offrono anche spunti di interazione con l'attore e i danzatori. Dove cadrà lo sguardo dei piccoli spettatori, cosa aggancerà il loro immaginario, lo capiremo.
Tutta la sonorizzazione fatta di rumori, vocalità trasformate e musica non è semplice sfondo dello spettacolo, ma definisce in modo sostanziale colore emotivo delle visioni.


L'elenco dei ringraziamenti è più lungo dell'elenco dei credits: sono tantissime le persone che ci sono state accanto in questo allestimento e a cui siamo veramente molto grati.

Si ringraziano Fabrizio Cassoni e Adriano Engelbrecht per la consulenza musicale, Lucia Manghi, Andrea Alfieri, Ines Cattabriga e Gianluca Bergamini per l'assistenza tecnica, Samuele Ferro per l'alta competenza hardware e software video, i bambini e gli insegnanti delle scuole elementari "Toscanini" e "De La Salle" per la consulenza drammaturgica, Eleonora De Sousa Mendes e Flavio Marco Fabi per la presenza attenta, critica e attiva alle prove, Piergiorgio Gallicani per le osservazioni puntuali sui dettagli di regia.

Grazie di cuore a Danio Manfredini per averci concesso l'uso di materiale scenico prezioso.

Infine, un ringraziamento particolare a Sara Zanotti per averci concesso l'utilizzo del brano originale "Il mare" di Maurizio Soliani, un grande dono per noi.

IL SOLDATINO DI STAGNO - note di regia


Note di regia a
IL SOLDATINO DI STAGNO


IL SOLDATINO DI STAGNO Note di regia Mia mamma dice sempre che non sono mai uscita dall'età dei perché. È vero, dev'essere successo qualcosa che mi ha inchiodato gli occhi a un enorme, perenne punto interrogativo. Sicuramente non sono un caso isolato: tutte le persone che hanno qualcosa da dire un teatro hanno sostanzialmente lo stesso problema (perdonate la tautologia: chi sta sulle scena deve avere qualcosa da dire, altrimenti quello non è il suo posto). Nel nostro caso, sono certa di parlare per tutte le persone che hanno lavorato a questo allestimento. Scrivo queste poche note di regia perché si capisca un po' meglio il grande lavoro di sintesi necessario alla costruzione di uno spettacolo, quali sono i criteri scelti, a cosa occorre restare fedeli e a cosa è necessario rinunciare. Perché Andersen? “Il soldatino di stagno? Ehhhhhh, aiuto! Ma che fiaba triste, ma d'un triste, ma d'un triste....” Questa è una citazione (non testuale, l'espressione originale era più colorita e la scrittura non restituisce appieno il tono semi disgustato che l'accompagnava), l'ho sentita ieri con le mie orecchie e arrivava da una donna di mezza età. Beh, si. Un po' è triste. Però no, non so se siamo tanto d'accordo. Il mondo delle fiabe, in generale, è spesso un posto poco accomodante, irto di prove durissime e popolato da loschi figuri. Il percorso che un personaggio compie verso il superamento di dolori e difficoltà non è un passeggiata tra le margherite. In Andersen, in particolare, spesso non abbiamo neppure il sollievo di un “lieto fine” come si deve. La sostanza archetipica delle fiabe e la sua adesione metaforica con la sostanza (e la durezza) della vita restano un valore assoluto. Ogni racconto insegna, provoca, lenisce anche, ma alla fine, quando il germoglio sarà sbocciato. La consolazione fine a se stessa non serve a nessuno. Servono invece gli strumenti per leggere la realtà e affrontarla. Perché il titolo? Il titolo originale è Den Standhaftige Tinsoldat. In italiano è stato tradotto in molti modi: Il coraggioso soldatino di stagno, Il tenace soldatino di stagno, ecc. ecc., spesso sostituendo lo “stagno” con il “piombo”. Abbiamo preferito attenerci all'originale, pubblicata per la prima volta nel 1838. Quali sono i temi fondamentali? Indubbiamente la struttura rimanda a un tema caro all'autore: il riscatto metafisico (oltre la morte) dell'oppresso in virtù della sua qualità morale, ma noi ci siamo fatti molte altre domande. Che materia è lo stagno? Di cosa sono fatti i personaggi della storia? Da wikipedia: Lo stagno è un elemento chimico nella tavola perdiodica che ha simbolo Sn e numero atomico 50. Questo metallo di post-transizione argenteo e malleabile, che non si ossida facilmente all'aria e resiste alla corrosione, si usa in molte leghe e per ricoprire altri metalli più vulnerabili alla corrosione. Lo stagno si ottiene soprattutto dalla cassiterite (un minerale in cui è presente sotto forma di ossido) e dalla stannite. Interessante. Il nostro soldatino è fatto di materia resistente e quasi inossidabile. La nostra ballerina? Di carta. Una figurina bidimensionale, priva di spessore e fragile. Nella storia il soldatino s'innamora di lei, ma lei ricambia? Non lo sappiamo, ed è importante il fatto che non venga esplicitato perché, alla fine, abbiamo capito che l'amore non ha bisogno di essere ricambiato per nutrire chi lo prova. Basta a se stesso ed è una forza potentissima, anche se dall'altra parte incontra il vuoto. Quando finiscono nel fuoco di lui rimane il cuore tutto intero, di lei solo il nastrino: il superfluo, l'ornamento. Chi è il narratore? Nella nostra versione il narratore è Ivan, il bimbo che aveva ricevuto i giocattoli in dono e che – divenuto adulto – continua a chiedersi perché questi due oggetti siano scampati alle fiamme. La sua identità si svela veramente solo alla fine, l'espediente drammaturgico è stato creato per permettere ai piccoli spettatori di ripercorrere con lui il viaggio del protagonista e colmare attivamente con le proprie risposte ciò che il narratore ancora non si spiega. Il bambino/adulto Ivan e il Troll sono lo stesso personaggio: l'individuo e la sua parte di cattiva coscienza. Per questo il nostro “Jack in the box” è stato disegnato con il volto caricaturale dell'attore che narra. È il bambino che getta il soldatino nel fuoco o il Troll? Non importa, dal momento in cui sono totalmente identificati. E perché lo fa? Chissà. Magari non lo sa. I bambini però devono sapere che ogni azione, anche la più insensata, la più inconscia, la più immotivata porta con sé una conseguenza. Perché i disegni e l'animazione? Questo è stato un esperimento difficile. Normalmente, in presenza di una proiezione lo sguardo è immediatamente catturato, ma il teatro è fatto soprattutto di presenze dal vivo. Abbiamo strutturato la regia in modo tale che in alcuni momenti le animazioni sono assenti, in altri fanno solo da sfondo, in altri sono dominanti, in altri ancora dialogano con gli artisti in carne ed ossa. Il risultato lo vedremo in presenza dei bimbi. I disegni sono originali e sono stati realizzati appositamente per questa produzione. Il lavoro di stesura dello storyboard (il disegno delle inquadrature di un'opera filmata) è stato un altro lavoro paziente che si sarebbe reso impossibile senza l'intuito e l'esperienza di Gianluca Foglia (il disegnatore) e Pietro Anastasi (l'animatore). Le immagini di grandi dimensioni sono una dedica allo sguardo dei bambini, che una volta cresciuti si chiedono: “ma era così minuscola questa stanza? Da piccolo me la ricordavo gigantesca...”. Perché queste musiche? In realtà abbiamo sonorizzato tutto lo spettacolo, non solamente con i montaggi musicali ma anche rumoristici (il fuoco, la pioggia, ecc.) e vocali. Per il suono del pesce che inghiotte il soldatino, per esempio, abbiamo registrato tanti orridi versacci di Umberto Fabi che successivamente abbiamo costruito ed elaborato. Per le musiche abbiamo scelto il colore di uno strumento dominante, il violoncello, cercando di ricreare l'andamento emotivo della storia in modo coerente e senza grossi sbalzi. Uniche eccezioni: la musica di John Zorn per il viaggio nella fogna (che trovavamo perfetto proprio per la cupezza e i rumori sferzanti) e la divertente orchestrazione di Tea for Two di Sostakovic per la scena della festa dei giocattoli. La leggenda vuole che il celebre compositore lo abbia scritto per scommessa in meno di un'ora dopo aver ascoltato il brano solo una volta... Nella colonna sonora (quando il soldatino sta per annegare ed evoca il ricordo dell'amata) troviamo anche un pezzo inedito di Maurizio Soliani, compositore per la scena e carissimo amico scomparso due anni fa. Lo abbiamo tenuto nel cuore e portato con noi anche in questo viaggio. Perché queste luci? Yannick dice sempre che le luci di uno spettacolo non dovrebbero essere più belle dello spettacolo stesso. Insomma, il suo atteggiamento etico è quello di non infiocchettare la scena con effetti speciali se il tutto si deve poi ridurre a questo. Le luci del soldatino sono essenziali. Non occorre altro per renderlo efficace. Perché questa danza? Negli assoli, Davide ha scelto di lavorare sull'idea dei materiali di cui sono fatti i personaggi: la durezza della staticità del soldatino, la fluidità evanescente della ballerina. Il duo è volutamente narrativo, nel sogno del soldatino non tutto fila proprio liscio (voi riuscite a governare i vostri?), è un misto di goffa tenerezza e approcci di conoscenza: loro due si scambiano gli “attrezzi del mestiere”, lui prende la scarpa di lei e lei il fucile di lui. E in questo “vestire i panni dell'altro” cercano di capire reciprocamente chi sono. Quando finalmente trovano il modo di danzare veramente insieme è già l'alba, il sogno è finito, la vita attende. Perché questi colori? Tutti i personaggi hanno vestiti che vanno dal bianco al nero e conseguente scala di grigi (quindi neutro), più un colore primario dominante: il rosso coraggio del soldatino, il giallo gelosia del narratore/troll, il blu cielo e mare, principio di femminilità, della ballerina. A cosa abbiamo rinunciato? A tante cose. Per esempio, il soldatino senza una gamba si sarebbe ben prestato a un discorso più ampio sulla diversità. Noi abbiamo ritenuto più interessante il tema dell'errore: lui s'innamora della ballerina perché la crede simile a sé, ma si sbaglia. Succede piuttosto spesso che l'innamoramento si fondi su un equivoco di questo tipo ma, chissà per quale bizzarra legge, questo tipo di “riconoscimento” non cessa di produrre frutto nemmeno quando viene smentito. Il sentimento che perdura porta forza, coraggio e pane a chi ha il coraggio di accoglierlo. Poco importa una svista, se è tanto feconda. Domande sparse Perché i due s'incontrano una sola volta in scena mentre forse sarebbe stato più accattivante vederli più spesso insieme? Il loro unico incontro, per quanto immaginario, è nel “sogno” del soldatino, dove lui danza con lei in un goffo duo (mica ci si abitua in un paio di secondi a gestire due gambe anziché una...figuriamoci danzando!). Poi basta. È proprio vero che la vita concede una secondo occasione, sempre e comunque? Noi crediamo di no. Non nella realtà, a volte nemmeno nello spazio del desiderio. Si ricongiungono nel fuoco in un istante, forse l'unico, di pienezza. Il soldatino brucia al culmine della sua esistenza. È proprio così triste? Forse è più triste la sorte di lei, ma del resto è una creatura di carta, vivere senza spessore o sparire in una fiammata non cambia granché. È una funzione del desiderio del soldatino che ha la fortuna di averla accanto nell'ultimo istante. Ha una grande rilevanza per lui, non per se medesima. Il grande perché Cosa perdura, alla fine? Perché il cuoricino e il nastrino restano? Questo lo sapranno i bambini. Mica ci potete chiedere anche tutte le risposte! Loredana Scianna, 14 aprile 2012. P.S. Il numero atomico dello stagno è 50. Come il numero delle gambe che dovrebbero avere i 25 soldati nella scatola. Curioso, no? Pura coincidenza, stavolta. E comunque sono 49!

giovedì 4 marzo 2010

Icaro e la falena









Domenica 7 marzo 2010 alle ore 17 al Teatro del Cerchio sono in scena con Icaro e la falena, nuova produzione TDC per i bimbi dai 3 ai 6 anni realizzata con Mario Mascitelli
Musiche originali di Maurizio Soliani e Michelangelo Flammia con la collaborazione di Guido Ponzini
luci di Antonio Cuccaro

Ringrazio Roberta Gabelli per la sua presenza in fase di lavorazione e per gli scatti fotografici che vedete qui sopra, nonché Yannick De Sousa Mendes per il sostegno costante (tecnico e morale). Un grazie anche a tutti i ragazzi del Cerchio, che sono una bellissima squadra.

Info e prenotazioni: info@teatrodelcerchio.it - 340.5234232


Icaro e la falena
Si può parlare, in maniera semplice e poetica, di nascita, trasformazione, morte e rinascita ai bambini piccoli? Quante volte, nella condizione di adulti, ci si trova a dover, con parole comprensibili, spiegare ai nostri bambini che quella persona non c’è più o che c’è un bambino piccolo nella pancia che presto nascerà. Ci si accorge, in quel momento, che le parole da trovare non sono semplici come vorremmo e che il ciclo della vita, in tutta la sua meraviglia, è sempre un argomento delicato da trattare pur se, lo stesso, rappresenta quasi sempre un passaggio fondamentale nella crescita di apprendimento di un bambino e, per questo, merita una attenzione particolare soprattutto in presenza di una perdita affettiva improvvisa.

L’idea dello spettacolo nasce dall’unione di due storie conosciute. Quella del volo di Icaro per scappare dalla sua prigionia, dopo aver costruito il labirinto del Minotauro insieme al padre, e quella della falena che nel suo unico giorno vitale insegue la fiamma di una candela e viene consumata da quello splendido bagliore. Ne è nata così una storia di curiosità ed amicizia tra un inventore desideroso di “scappar via” dai suoi continui ragionamenti ed un bruco che presto diventerà falena e vorrà insegnargli a volare per poter raggiungere quella meravigliosa palla infuocata chiamato sole. Sarà dunque un finale triste? Assolutamente no, la storia continuerà nella stessa maniera in cui, la natura, ci permette quotidianamente di assistere al miracolo della vita.

mercoledì 18 novembre 2009

schizzo per un GIACENTE









Le foto e le note di lavoro di questo schizzo che ha debuttato al Teatro Europa di Parma il 1° novembre 2009.


schizzo per un GIACENTE

selezione drammaturgica e corpo scenico: Loredana Scianna
selezione drammaturgica e corpo vocale: Marco Musso
spazio scenico, materie e azione artistica: Giuliana Di Bennardo
creazione sonora Micro Concrete: Maurizio Soliani (pianoforte, live sampling) e Guido Ponzini (oggetti)
vettore scenico: Adriano Engelbrecht
creazione luci e tecnica: Yannick De Sousa Mendes

Tutte le persone che hanno lavorato a questo progetto sono co-autori

spettacolo inserito nell'iniziativa IL RUMORE DEL LUTTO a cura di Maria Angela Gelati e Marco Pipitone
evento organizzato con il patrocinio del Comune di Parma

residenza eUROPA tEATRI 2009


Teatro Europa | domenica 1 novembre 2009 | ore 21.15


Note sulla selezione drammaturgica

“Sei in piedi davanti alla scrivania e stai sistemando delle carte e fai cadere qualcosa. Solo che non lo sai. Ci vogliono un paio di secondi prima che tu lo capisca e anche allora lo percepisci solo come distorsione informe dello spazio brulicante intorno al corpo. Ma una volta che sai di avere fatto cadere qualcosa, senti il rumore che fa sul pavimento, tardivamente. Il rumore si fa largo attraverso un'immensa rete di distanze. Senti l'oggetto cadere e nello stesso istante, più o meno, sai di cosa si tratta, ed è una graffetta. Lo capisci dal rumore che fa sul pavimento e dalla memoria recuperata dalla caduta stessa, l'oggetto che ti cade di mano o scivola oltre il margine della pagina alla quale era attaccato. E' scivolato via oltre il bordo della pagina. Ora che sai di averlo fatto cadere, ricordi com'è successo, o ricordi a metà, o forse lo immagini, o qualcos'altro. La graffetta colpisce il pavimento con una estremità poi rimbalza sull'altra, leggera e senza peso, un rumore per il quale non c'è parola onomatopeica, il rumore di una graffetta che cade, ma quando ti chini per raccoglierla non c'è.”
(Don De Lillo, The body artist, 2001)


Due parole per il romanzo: lui (Rey) e lei (Lauren) vivono assieme, fino a quando lui decide improvvisamente di farla finita con la sua esistenza. Lei percepisce quest'assenza in maniera drammatica, fino a incontrare (immaginare?) uno sconosciuto nella sua casa. Lentamente, il dolore per la scomparsa del coniuge lascia il posto all'analisi delle tracce di questa strana, inquietante presenza nella sua casa.

Rey e Lauren non sono una coppia comune, sono entrambi artisti, e non a caso. Nel romanzo di De Lillo e nella nostra rielaborazione, la riflessione sull’arte è prioritaria quanto la tematica sul lutto e l’assenza.
E ancora: la vita non è separata dall'arte, l'arte consta della stessa materia della vita.

Nel lavoro principale che vedrà la luce tra qualche tempo e intitolato Giacente, le parole del romanzo non compaiono mai, è tutto affidato a movimento, suono e immagine.

In questo schizzo preparatorio abbiamo lavorato proprio su ciò che è stato rescisso: la parola. Le materie utilizzate per l’aspetto visivo sono quelle prescelte per tutto il lavoro presente e che sarà: gesso e creta.


Schizzo per un GIACENTE

Tra le diverse fasi del dolore che attraversano Lauren, abbiamo operato una scelta e abbiamo colto il momento in cui lei guarda in volto la propria sofferenza oggettivandola fuori di sé:
Lauren dà un nome al suo dolore e il nome è Mr. Tuttle;

Mr. Tuttle è apparentemente una creatura in carne e ossa, ma non importa se sia frutto dell’immaginazione di Lauren o meno: quando subiamo una perdita, lo strappo lo sentiamo nella nostra carne come un morso, fisico, concreto, dilaniante;

Mr. Tuttle si esprime in modo tautologico. Lauren gli chiede “Di’ qualche parola” e lui risponde “Di’ qualche parola”. Come quando ci si interroga sul proprio dolore e si gira in tondo: non ci si può rispondere poiché la domanda si ripresenta incessante, senza soluzione;

Mr. Tuttle compare misteriosamente, e altrettanto misteriosamente – a poco a poco – se ne va. Come quando ci si alza una mattina, si vive la giornata, si arriva fino a sera e ci si accorge che, per la prima volta da un evento terribile, non ci abbiamo pensato per qualche ora. È una sorpresa. Il pensiero asfissiante che ci domina dal risveglio al sonno ci ha lasciato per un po’. Prendiamo atto di questa distanza, e ricominciamo lentamente a vivere.

Ci fermiamo qui. Il nostro schizzo non narra, non riassume, non descrive. Piuttosto immerge direttamente in questo stato di cose.

(Marco Musso e Loredana Scianna)


Note sullo spazio scenico del Giacente

Due elementi geometrici configurano lo spazio scenico per il Giacente.
Due triangoli isosceli.
Iscoscele: eguale, gambo.
Fusto che sostiene foglie, fiori, frutti.
L'elemento verticale, un gambo disassato, fiorito di colore, da tenere, da mantenere.
Dalla sua destabilizzazione si propagano nello spazio molteplici traiettorie che intersecano quelle del piano orizzontale: un gambo fiorito di carne e materie cangianti.
Materie che il corpo esplora, impregna, modifica.
La materia dice il proprio racconto.
Quale differenza fra il corpo dell'artista e quello scolpito?
Sono identità transitorie che producono la loro traccia con il loro modo di essere.
È un corpo orant quello che dice: “parla con la sua voce, fallo per me, so che ne sei capace, fallo per me.”
Egli formula una preghiera perché l'atto artistico conduca l'orant verso il suo opposto: il gisant.
Giacente: senza movimento, supporto di abbandono dove il corpo acconsente alla propria materialità e alla propria metamorfosi.

Nel 1263 e 1264 Saint Louis dispone le tombe dei re di Francia inumati a Saint Denis: i Merovingi e i Carolingi a sud, i Capetingi a Nord e decide di porre sopra ogni sepoltura una lastra di pietra scolpita. Altorilievi che rappresentano i sovrani vestiti in modo quasi identico e configurati allo stesso modo: gli occhi aperti e i gesti calmi. Il giacente è per la protagonista Lauren elemento di elaborazione del dolore e del lutto. In quest'ordine di idee, come dice Dürer “non si può dipingere un albero se non si è un albero”. Lauren esperisce la morte elaborandone la materia stessa, materia fra le altre materie. Come dice bene Maurice Merleau-Ponty in Sens Et Non-sens “c'è un rapporto fra la costituzione schizoide e l'opera di Cézanne, perché l'opera rivela un senso metafisico della malattia, la schizoidia come visione del mondo ridotto alla somma immobile delle apparenze e come come sospensione dei valori espressivi, perché la malattia cessa allora di essere un fatto assurdo e un destino per diventare una possibilità generale dell'esistenza umana quando essa affronta conseguentemente uno dei suoi paradossi - il fenomeno dell'espressione - e perché infine è tutt'uno in quel senso essere Cézanne ed essere schizoide"

(Giuliana Di Bennardo)


Sulla creazione sonora di Micro Concrete
A partire dalla ricerca sulle sonorità degli oggetti intrapresa dai compositori della tradizione contemporanea, il progetto di Micro Concrete si articola in uno studio delle nuove tecnologie declinate nello sviluppo di un genere che si può definire “elettro-concreta”. Nell'ambito di una formazione raccolta qual è il duo vengono scoperti e tracciati universi sonori attraverso l'utilizzo esclusivo di oggetti (di uso comune, di recupero, utensili di vario tipo) con l'intervento di strumenti acustici (viola da gamba e pianoforte). L'elemento elettronico interviene nel semplice campionamento di frammenti e suggestioni, poi rielaborati on-stage con l'utilizzo di un multieffetto touch screen. Tutto ciò che viene creato live è plasmato in diretta, senza utilizzo di basi pre-registrate. Questo si traduce specialmente nella volontà di utilizzare oggetti ed elementi direttamente presenti nel luogo della performance e di pertinenza drammaturgica. Una ricerca volta all'innovazione per creare una musica che nasce dalla materia e dal luogo che ci circonda.

(Maurizio Soliani e Guido Ponzini)

venerdì 5 giugno 2009

COMPRATELO!




"Il papà delle favole" è in vendita da oggi (5 giugno) e fino al 5 luglio con la Gazzetta di Parma.


















I proventi saranno devoluti al Reparto di Oncologia Pediatrica dell'ospedale Maggiore di Parma.

Tutta la "ciurma da favola" che ci ha lavorato non ha percepito alcun compenso.

Per chi abita lontano da Parma, l'Ufficio Diffusione della Gazzetta di Parma provvederà a spedire il volume+cd dopo aver ricevuto copia del versamento di euro 7,90 sul conto corrente postale numero 10869436 intestato a Noi per Loro Onlus via Pietro Rubini 12 43125 Parma.
Dovrete trasmettere la ricevuta del versamento al fax 0521.225544 oppure inviarlo via e-mail a diffusione@gazzettadiparma.net.

GRAZIE A TUTTI!

lunedì 1 giugno 2009

Il Papà delle favole in edicola dal 5 giugno!



DAL 5 GIUGNO AL 5 LUGLIO 09 E' IN EDICOLA CON LA GAZZETTA DI PARMA l'audiolibro "Il papà delle favole"

Ho imparato a leggere quando avevo 5 anni e non ho mai smesso di divorare pagine su pagine. I miei genitori mi hanno cresciuta narrandomi infinite storie, mio papà in particolare leggeva facendo le voci di tutti i personaggi. Non solo. Lui mi racconta sempre che quand'era piccolo, in assenza di grandi mezzi e di giocattoli, il suo passatempo preferito era quello di inventare avventure fantastiche da raccontare ai suoi fratellini minori...peraltro a puntate!
Non potevo restistere alla richiesta di Cesare di collaborare a questo audiolibro: un papà che scrive favole per le sue bimbe mi ricordava qualcosa di molto intimo del mio vissuto e dei miei affetti.
Oltre a questo, l'ottima causa a cui è votato il progetto è stata un'enorme spinta alla sua realizzazione.

Sabato scorso, durante la presentazione, ho avuto qualche serio problema a non mostrare commozione. Il ricavato del libro sarà devoluto all'associazione "Noi per loro" e quindi ai bambini dell'oncologia pediatrica. Il Prof. Izzi, primario del reparto, era presente. Ha avuto parole semplici e sobrie per descrivere brevemente la realtà quotidiana in cui è immerso, ma credo siano bastate a tutti.

COMPRATE QUESTO LIBRO.

Ci sono situazioni immensamente dolorose in cui non si può fare altro che attendere. In questo mentre, si può sperare e si possono raccontare storie.

Noi, il poco che potevamo fare lo abbiamo fatto e continueremo a farlo.

Dedico questo libro alla mia splendida famiglia, in memoria della sorellina più piccola di mio papà, mancata a soli due anni, di cui porto il nome.