sabato 14 aprile 2012

IL SOLDATINO DI STAGNO - note di regia


Note di regia a
IL SOLDATINO DI STAGNO


IL SOLDATINO DI STAGNO Note di regia Mia mamma dice sempre che non sono mai uscita dall'età dei perché. È vero, dev'essere successo qualcosa che mi ha inchiodato gli occhi a un enorme, perenne punto interrogativo. Sicuramente non sono un caso isolato: tutte le persone che hanno qualcosa da dire un teatro hanno sostanzialmente lo stesso problema (perdonate la tautologia: chi sta sulle scena deve avere qualcosa da dire, altrimenti quello non è il suo posto). Nel nostro caso, sono certa di parlare per tutte le persone che hanno lavorato a questo allestimento. Scrivo queste poche note di regia perché si capisca un po' meglio il grande lavoro di sintesi necessario alla costruzione di uno spettacolo, quali sono i criteri scelti, a cosa occorre restare fedeli e a cosa è necessario rinunciare. Perché Andersen? “Il soldatino di stagno? Ehhhhhh, aiuto! Ma che fiaba triste, ma d'un triste, ma d'un triste....” Questa è una citazione (non testuale, l'espressione originale era più colorita e la scrittura non restituisce appieno il tono semi disgustato che l'accompagnava), l'ho sentita ieri con le mie orecchie e arrivava da una donna di mezza età. Beh, si. Un po' è triste. Però no, non so se siamo tanto d'accordo. Il mondo delle fiabe, in generale, è spesso un posto poco accomodante, irto di prove durissime e popolato da loschi figuri. Il percorso che un personaggio compie verso il superamento di dolori e difficoltà non è un passeggiata tra le margherite. In Andersen, in particolare, spesso non abbiamo neppure il sollievo di un “lieto fine” come si deve. La sostanza archetipica delle fiabe e la sua adesione metaforica con la sostanza (e la durezza) della vita restano un valore assoluto. Ogni racconto insegna, provoca, lenisce anche, ma alla fine, quando il germoglio sarà sbocciato. La consolazione fine a se stessa non serve a nessuno. Servono invece gli strumenti per leggere la realtà e affrontarla. Perché il titolo? Il titolo originale è Den Standhaftige Tinsoldat. In italiano è stato tradotto in molti modi: Il coraggioso soldatino di stagno, Il tenace soldatino di stagno, ecc. ecc., spesso sostituendo lo “stagno” con il “piombo”. Abbiamo preferito attenerci all'originale, pubblicata per la prima volta nel 1838. Quali sono i temi fondamentali? Indubbiamente la struttura rimanda a un tema caro all'autore: il riscatto metafisico (oltre la morte) dell'oppresso in virtù della sua qualità morale, ma noi ci siamo fatti molte altre domande. Che materia è lo stagno? Di cosa sono fatti i personaggi della storia? Da wikipedia: Lo stagno è un elemento chimico nella tavola perdiodica che ha simbolo Sn e numero atomico 50. Questo metallo di post-transizione argenteo e malleabile, che non si ossida facilmente all'aria e resiste alla corrosione, si usa in molte leghe e per ricoprire altri metalli più vulnerabili alla corrosione. Lo stagno si ottiene soprattutto dalla cassiterite (un minerale in cui è presente sotto forma di ossido) e dalla stannite. Interessante. Il nostro soldatino è fatto di materia resistente e quasi inossidabile. La nostra ballerina? Di carta. Una figurina bidimensionale, priva di spessore e fragile. Nella storia il soldatino s'innamora di lei, ma lei ricambia? Non lo sappiamo, ed è importante il fatto che non venga esplicitato perché, alla fine, abbiamo capito che l'amore non ha bisogno di essere ricambiato per nutrire chi lo prova. Basta a se stesso ed è una forza potentissima, anche se dall'altra parte incontra il vuoto. Quando finiscono nel fuoco di lui rimane il cuore tutto intero, di lei solo il nastrino: il superfluo, l'ornamento. Chi è il narratore? Nella nostra versione il narratore è Ivan, il bimbo che aveva ricevuto i giocattoli in dono e che – divenuto adulto – continua a chiedersi perché questi due oggetti siano scampati alle fiamme. La sua identità si svela veramente solo alla fine, l'espediente drammaturgico è stato creato per permettere ai piccoli spettatori di ripercorrere con lui il viaggio del protagonista e colmare attivamente con le proprie risposte ciò che il narratore ancora non si spiega. Il bambino/adulto Ivan e il Troll sono lo stesso personaggio: l'individuo e la sua parte di cattiva coscienza. Per questo il nostro “Jack in the box” è stato disegnato con il volto caricaturale dell'attore che narra. È il bambino che getta il soldatino nel fuoco o il Troll? Non importa, dal momento in cui sono totalmente identificati. E perché lo fa? Chissà. Magari non lo sa. I bambini però devono sapere che ogni azione, anche la più insensata, la più inconscia, la più immotivata porta con sé una conseguenza. Perché i disegni e l'animazione? Questo è stato un esperimento difficile. Normalmente, in presenza di una proiezione lo sguardo è immediatamente catturato, ma il teatro è fatto soprattutto di presenze dal vivo. Abbiamo strutturato la regia in modo tale che in alcuni momenti le animazioni sono assenti, in altri fanno solo da sfondo, in altri sono dominanti, in altri ancora dialogano con gli artisti in carne ed ossa. Il risultato lo vedremo in presenza dei bimbi. I disegni sono originali e sono stati realizzati appositamente per questa produzione. Il lavoro di stesura dello storyboard (il disegno delle inquadrature di un'opera filmata) è stato un altro lavoro paziente che si sarebbe reso impossibile senza l'intuito e l'esperienza di Gianluca Foglia (il disegnatore) e Pietro Anastasi (l'animatore). Le immagini di grandi dimensioni sono una dedica allo sguardo dei bambini, che una volta cresciuti si chiedono: “ma era così minuscola questa stanza? Da piccolo me la ricordavo gigantesca...”. Perché queste musiche? In realtà abbiamo sonorizzato tutto lo spettacolo, non solamente con i montaggi musicali ma anche rumoristici (il fuoco, la pioggia, ecc.) e vocali. Per il suono del pesce che inghiotte il soldatino, per esempio, abbiamo registrato tanti orridi versacci di Umberto Fabi che successivamente abbiamo costruito ed elaborato. Per le musiche abbiamo scelto il colore di uno strumento dominante, il violoncello, cercando di ricreare l'andamento emotivo della storia in modo coerente e senza grossi sbalzi. Uniche eccezioni: la musica di John Zorn per il viaggio nella fogna (che trovavamo perfetto proprio per la cupezza e i rumori sferzanti) e la divertente orchestrazione di Tea for Two di Sostakovic per la scena della festa dei giocattoli. La leggenda vuole che il celebre compositore lo abbia scritto per scommessa in meno di un'ora dopo aver ascoltato il brano solo una volta... Nella colonna sonora (quando il soldatino sta per annegare ed evoca il ricordo dell'amata) troviamo anche un pezzo inedito di Maurizio Soliani, compositore per la scena e carissimo amico scomparso due anni fa. Lo abbiamo tenuto nel cuore e portato con noi anche in questo viaggio. Perché queste luci? Yannick dice sempre che le luci di uno spettacolo non dovrebbero essere più belle dello spettacolo stesso. Insomma, il suo atteggiamento etico è quello di non infiocchettare la scena con effetti speciali se il tutto si deve poi ridurre a questo. Le luci del soldatino sono essenziali. Non occorre altro per renderlo efficace. Perché questa danza? Negli assoli, Davide ha scelto di lavorare sull'idea dei materiali di cui sono fatti i personaggi: la durezza della staticità del soldatino, la fluidità evanescente della ballerina. Il duo è volutamente narrativo, nel sogno del soldatino non tutto fila proprio liscio (voi riuscite a governare i vostri?), è un misto di goffa tenerezza e approcci di conoscenza: loro due si scambiano gli “attrezzi del mestiere”, lui prende la scarpa di lei e lei il fucile di lui. E in questo “vestire i panni dell'altro” cercano di capire reciprocamente chi sono. Quando finalmente trovano il modo di danzare veramente insieme è già l'alba, il sogno è finito, la vita attende. Perché questi colori? Tutti i personaggi hanno vestiti che vanno dal bianco al nero e conseguente scala di grigi (quindi neutro), più un colore primario dominante: il rosso coraggio del soldatino, il giallo gelosia del narratore/troll, il blu cielo e mare, principio di femminilità, della ballerina. A cosa abbiamo rinunciato? A tante cose. Per esempio, il soldatino senza una gamba si sarebbe ben prestato a un discorso più ampio sulla diversità. Noi abbiamo ritenuto più interessante il tema dell'errore: lui s'innamora della ballerina perché la crede simile a sé, ma si sbaglia. Succede piuttosto spesso che l'innamoramento si fondi su un equivoco di questo tipo ma, chissà per quale bizzarra legge, questo tipo di “riconoscimento” non cessa di produrre frutto nemmeno quando viene smentito. Il sentimento che perdura porta forza, coraggio e pane a chi ha il coraggio di accoglierlo. Poco importa una svista, se è tanto feconda. Domande sparse Perché i due s'incontrano una sola volta in scena mentre forse sarebbe stato più accattivante vederli più spesso insieme? Il loro unico incontro, per quanto immaginario, è nel “sogno” del soldatino, dove lui danza con lei in un goffo duo (mica ci si abitua in un paio di secondi a gestire due gambe anziché una...figuriamoci danzando!). Poi basta. È proprio vero che la vita concede una secondo occasione, sempre e comunque? Noi crediamo di no. Non nella realtà, a volte nemmeno nello spazio del desiderio. Si ricongiungono nel fuoco in un istante, forse l'unico, di pienezza. Il soldatino brucia al culmine della sua esistenza. È proprio così triste? Forse è più triste la sorte di lei, ma del resto è una creatura di carta, vivere senza spessore o sparire in una fiammata non cambia granché. È una funzione del desiderio del soldatino che ha la fortuna di averla accanto nell'ultimo istante. Ha una grande rilevanza per lui, non per se medesima. Il grande perché Cosa perdura, alla fine? Perché il cuoricino e il nastrino restano? Questo lo sapranno i bambini. Mica ci potete chiedere anche tutte le risposte! Loredana Scianna, 14 aprile 2012. P.S. Il numero atomico dello stagno è 50. Come il numero delle gambe che dovrebbero avere i 25 soldati nella scatola. Curioso, no? Pura coincidenza, stavolta. E comunque sono 49!

1 commento:

fogliazza ha detto...

Un altro mondo esiste. Siete matti, ma l'avete creato!
Fogliazza